Un Gruppo Informale di Acquisto Zapatista: facciamo ordini collettivi di prodotti, ma non siamo un Gas.
L’insoddisfazione per ciò che già esiste ci spinge verso qualcos’altro, vogliamo portare le nostre scelte al di fuori dei limiti segnati dall’ordinario, perchè: “cercando l’impossibile, l’uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo”.
Il diritto ai cibi e ai prodotti sani e ecologici per i ceti popolari è un progetto da concretizzare, non un enunciato di principio. La partecipazione reale di tutte, nei limiti e nelle forme che ognuna si riconosce, è un dato di fatto che non potrà essere messo in discussione. Siamo aperte (non inclusive), siamo anticapitaliste, coscienti che il conflitto esiste (eccome) e che fino ad ora l’hanno praticato soprattutto le classi dominanti.
Il richiamo allo zapatismo nel nome che ci siamo date è per riportare all’immaginario quelle pratiche che in Chiapas hanno dimostrato che il capitalismo si può superare creando una Comunità che resiste, decide collettivamente, si autodetermina e autogestisce.
Il Giaz rifugge la massa che nega ogni conflitto e rifiuta l’abitudine! Non cerchiamo rassicurazione nel conformismo, combattiamo chi presidia la conservazione e non abbiamo paura del cambiamento. Cerchiamo un linguaggio nuovo, plastico, che sia in continua evoluzione perché il mercato ci ruba le parole, ma i principi sono e saranno sempre e solo Nostri.
Sappiamo che il nostro fine non è un capitalismo “buono”, un sistema di dominio ammantato di finta economia sia essa “verde” o “etica”. La grande ragnatela di internet diventa l’ambiente comune che costituisce l’insieme degli stimoli che riceviamo e sappiamo che stimoli simili portano a comportamenti simili, così come siamo consapevoli che il Web non è un luogo di libertà.
Privilegiamo il software libero ma ancor di più le relazioni umane perché capiamo ancora la differenza che intercorre tra “alimentare una popolazione” e “alimentare un computer”.
Rifiutiamo le gerarchie, la ricerca del potere, teniamo assemblee formali ed informali in cui prendiamo decisioni in modo orizzontale, la consapevolezza e la conoscenza da parte di ognuna sono un elemento costitutivo e strutturale.
PERCHE’ LO FACCIAMO?
La scommessa non è da poco: sostenere e piantare altri semi di piccole comunità post capitaliste. Amiamo aprire “crepe” in cui seminare il germe della solidarietà e del mutuo soccorso e contribuire al crollo del fortino degli sfruttatori.
L’utopia che coltiviamo è quella di un modello “altro” (il capitalismo non è l’unico sistema economico possibile) e il tentativo è gettare i semi per un futuro raccolto. Dopo un raccolto ne viene un altro.
Crediamo fermamente che gli zapatisti siano un esempio di popolo soggiogato,ma ricco di dignità, l’evidenza che un mondo diverso è possibile tanto in Chiapas quanto in pianura padana. Noi non costruiremo scuole o ospedali, certo, ma portiamo avanti lo Spaccio Popolare Autogestito al Circolo Anarchico Berneri “spacciando”, senza ricarico, caffè scelto ed importato secondo reali criteri di solidarietà e sostegno alle comunità, torrefatto e distribuito da una realtà libertaria, zucchero sem terra, riso di un’azienda agricola a conduzione familiare delle campagne ferraresi, arance da realtà conflittuali siciliane e calabresi che rispettano terra e lavoratori uscendo dalle dinamiche di “sfruttamento criminale”, passate di pomodoro (autoprodotte), pasta e saponi lavorati in fabbriche fallite, occupate e riavviate alla produzione dagli operai, e tanto altro ancora.
Siamo in costante attenzione nella ricerca di nuove modalità e pratiche di gestione: dal progetto “magazzini diffusi”, alla logistica partecipata favorendo costantemente socialità e condivisione. Al fianco dei picchetti dei facchini, delle rivolte dei braccianti, dei presidi degli occupanti di case. Al fianco degli oppressi e complici dei ribelli.
Al fianco dei giovani ai quali questa società non riserva futuro. Danzando, ridendo e deridendo il potere ma portando con noi anche la rabbia gioiosa degli ultimi.
Vogliamo rimboccarci le maniche, partecipando e proponendo in prima persona, senza deleghe e senza intermediazione. Perché è giusto e necessario provarci. “La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore.”